Il mio giardino persiano, recensione del film di Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha.

Il film “Il mio giardino persiano” dei registi Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha offre uno sguardo profondo sulla vita di una donna iraniana, affrontando le sfide del regime teocratico attraverso una narrazione che mescola dramma e ironia. Il film, che è un atto di resistenza contro la repressione, racconta la storia di Mahin, una donna settantenne che cerca l’amore e la libertà in un ambiente ristretto. Con una sceneggiatura ricca di simbolismo e una forte tematica politica, questa pellicola si pone come un inno alla libertà e al coraggio di fronte all’oppressione.

  • Racconto della quotidianità di una donna iraniana sotto un regime oppressivo.
  • Un atto d’accusa contro la repressione artistica in Iran.
  • Una fusione di dramma e ironia che rende il messaggio universale e potente.

Il Potere dell’Arte nell’Attuale Iran

Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha offrono uno sguardo toccante sulla vita quotidiana in Iran, affrontando le sfide imposte dal regime teocratico. La loro opera, “Il mio giardino persiano”, è un esempio di come l’arte possa fungere da veicolo di denuncia e speranza, debuttando nelle sale cinematografiche il 23 gennaio.

Un Film con una Storia di Resistenza

La coppia di cineasti non ha avuto la possibilità di partecipare al Festival di Berlino nel febbraio del 2024 a causa del blocco dei loro passaporti e delle restrizioni imposte dalle autorità iraniane. L’accusa contro di loro? “Propaganda contro il regime e minaccia alla sicurezza nazionale”, un’accusa priva di fondamento e fuori dalla logica.

Il mio giardino persiano, recensione del film di Maryam Moghaddam e Behtash Sanaeeha.

Il Movimento e il Messaggio

Moghaddam e Sanaeeha sono attivamente coinvolti nel movimento #put_your_gun_down, che si oppone alla repressione degli artisti in Iran. Questo movimento è nato in risposta all’omicidio di Mahsa Amini, una donna che ha perso la vita a causa della brutalità della polizia religiosa. Il film “Il mio giardino persiano” diventa così un atto di denuncia verso un regime oppressivo che utilizza la religione come mezzo di controllo sociale.

La Protagonista: Una Donna in Cerca di Libertà

Al centro della narrazione troviamo Mahin, interpretata dalla talentuosa Lily Farhadpour. Con i suoi settant’anni, vive sola a Teheran, dedicandosi alla cura delle piante e sfidando le convenzioni sociali. La sua routine quotidiana viene stravolta quando decide di cercare nuovamente l’amore, trovandolo, seppur brevemente, in un tassista di nome Faramarz.

Un’Opera di Resistenza e Speranza

Un passaggio emblematico del film evidenzia quanto sia importante la libertà personale: “Indossavamo i tacchi alti, altro che queste scarpe da ginnastica e la hijab”. Questo riflette la tensione tra il desiderio di libertà e le restrizioni imposte dalla società. I registi rompono gli schemi narrativi per offrire al pubblico una visione autentica della vita di una donna iraniana.

Una Narrazione Giocosa ma Profondamente Critica

  • Stile volutamente leggero fino a diventare amaro.
  • Rappresentazione della quotidianità sotto un regime opprimente.
  • Esplorazione della libertà personale e della ribellione.

Conclusione: Il Cinema come Strumento di Liberazione

In un contesto di repressione, “Il mio giardino persiano” emerge come un chiaro gesto di resistenza intellettuale e umana. La colonna sonora emozionante di Henrik Nagy accompagna una storia di speranza e coraggio, in netto contrasto con le idee repressive del regime. La protagonista Mahin riassume tutto con una frase significativa: “Più ti rendi sottomessa più ti mettono i piedi in testa”. Questo film non è solo una semplice storia, ma una celebrazione della libertà e della dignità umana.


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